La Calabria vanta un territorio molto variegato ed offre alla gastronomia nazionale numerosi prodotti di antica tradizione e straordinaria qualità. Nell’ampio e vario panorama gastronomico regionale un posto centrale è occupato dagli insaccati ottenuti dalla lavorazione della carne di maiale. La produzione dei salumi, fino a qualche decennio fa, veniva effettuata artigianalmente da quasi tutte le famiglie calabresi che, dopo aver allevato per conto proprio il maiale, alimentandolo prevalentemente con ghiande e avanzi di cibo (a vrodata), procedevano alla macellazione. Dopo la macellazione venivano selezionati i vari tagli di carne da destinare alla preparazione di capocolli, pancette, guanciali (magulau), soppressate, salsicce ecc.
Realizzazione
Per la produzione di salsicce e soppressate si utilizzavano, e si utilizzano ancora oggi nel rispetto della tradizione, le parti più nobili del maiale quali le spalle e le cosce. La carne dopo essere stata disossata e ripulita dai nervi veniva tritata finemente a coltello metodo oggi non più utilizzato e sostituito con la macinazione mediante delle macchine tritacarne che hanno ridotto di molto i tempi della preparazione. Alla carne magra veniva poi aggiunto il grasso prelevato dalla schiena o dalla pancia del maiale sempre tagliato a coltello. Questo insieme di carne e grasso, in proporzioni variabili a seconda delle preferenze del preparatore, era poi condito con sale, pepe nero in grani e polvere di peperoncino dolce per quanto riguarda la soppressata, sale e peperoncino in polvere dolce e piccante per quanto riguarda la salsiccia. Spostandoci da una provincia all’altra della Calabria il condimento della carne può subire leggere modificazioni e possiamo ad esempio ritrovare tra gli ingredienti utilizzati anche i semi di finocchio.
Una volta condito e lasciato insaporire, l’impasto di carne e grasso viene utilizzato per riempire il budello naturale del maiale. Gli insaccati così preparati vengono bucati con l’utilizzo di un ago per eliminare l’aria residua che potrebbe causare difetti nella maturazione e poi vengono appesi ad un telaio di canne fissato al soffitto. A questo punto si procede con la fase di affumicatura che viene effettuata facendo bruciare lentamente legno di quercia e rosmarino. Dopo questa fase che dura qualche giorno i salami vengono lasciati a stagionare per alcuni mesi fino a quando giungono a giusta maturazione.
Una menzione particolare va fatta alla ‘Nduja il salume calabrese ad oggi più conosciuto in Italia.
La ‘Nduja è tipica dell’altopiano del Poro, in particolare del comune di Spilinga in provincia di Vibo Valentia ed é tutelata dal marchio DOP.
Nasce dal recupero degli scarti del maiale ed è oggi molto apprezzata per la sua spiccata piccantezza e per la peculiarità di essere un salume spalmabile.
Può essere utilizzata per la preparazione di bruschette, primi piatti e pizze infuocati.