Amari Calabresi
C’è un’antica tradizione in Calabria che si perde nei secoli. È una storia che rievoca monaci, marinai e carbonari intenti ad estrarre e mischiare sapientemente le proprietà medicamentose di erbe, frutti e spezie della nostra terra.
C’è un’antica tradizione in Calabria che si perde nei secoli. È una storia che rievoca monaci, marinai e carbonari intenti ad estrarre e mischiare sapientemente le proprietà medicamentose di erbe, frutti e spezie della nostra terra.
La Calabria ha il primato della produzione di miele italiano perché le api vi trovano un habitat incontaminato e di ricchissima vegetazione.
A chi scende verso il mare dai paesi collinari della Calabria, “sparsi sul pendio come branchi di pecore pascenti”, da est ad ovest si presenta il medesimo paesaggio.
Il nastro di strada serpeggiante è costeggiato di uliveti che tra i rami sempreverdi di piante anche secolari, con le foglioline rese argentee dal sole, lasciano intravedere l’azzurro luminoso del mare.
A chi percorre di sera queste stesse strade, illuminate prevalentemente dalla luce dei fari dell’auto, i medesimi alberi sembrano figure animate che nell’ombra custodiscono i segreti e i personaggi delle leggende narrate dai nonni.
Gli uliveti sono parte integrante del paesaggio calabro, sicuramente già noti ai lontani progenitori Greci e Romani che impararono subito a produrre il principale elemento della dieta mediterranea, l’olio trasparente e luminoso, per se stessi e per l’esportazione regalando alla regione un primato che ancora oggi detiene.
Sono tre i tipi di olio DOP della Calabria: “ Bruzio”, “Lametia “, “Alto Crotonese” che prendono nome dalle zone vocate alla coltura.
Sono oli fruttati di leggera e media intensità con sentori di mela bianca e con note vegetali di erbe fresche falciate.
La normativa stabilisce che il limite di acidità è dello 0,8%, valori ottimali sono quelli che ricadono tra 0,1% e 0,3%, ma l’acidità da sola non dice molto sulla qualità. Molto importanti sono anche i perossidi il cui obiettivo è indicare il grado di alterazione ossidativa. Anche in questo caso la normativa è ampia, infatti, permette di qualificare come olio extra-vergine quello i cui perossidi non sono superiori a 20. In realtà un buon olio non deve avere valori superiori a 10-12 perossidi.
Il marchio di “ olio extravergine d’oliva” e “olio vergine d’oliva” risponde ai criteri di contenuto di acidità inferiore allo 08/cento per il primo e fino al 2/00 per l’altro, entrambi ottenuti solo con la spremitura meccanica a bassa temperatura. Premessa è che le olive giungano sane, quindi raccolte al giusto grado di maturità, non eccessiva altrimenti , cadendo nelle reti, di danneggerebbero. Sono importanti, inoltre, le tecniche di trasporto in contenitori che consentano il passaggio d’aria e ancora che la lavorazione avvenga entro le 12 o, al massimo, le 24 ore dalla raccolta. Tecniche che richiedono abitudine a questo lavoro e amore e rispetto del prodotto.
Dalla provincia di Cosenza una tradizione da non perdere: la PITTA ‘MPIGLIATA, una commistione di leccornie calabresi ben dosate in un impasto che accoglie frutta secca , liquore tipico, miele ed altro ancora.
C’è un prodotto che più di tutti gli altri simboleggia e da identità alla Calabria: la ‘Nduja di Spilinga. Questo insaccato molto gustoso e decisamente piccante è conosciuto in tutta Italia e anche all’estero. Sebbene prodotta in varie zone della Calabria, la ‘nduja rappresenta il fiore all’occhiello di Spilinga, un piccolo comune in provincia di Vibo Valentia tanto da guadagnarsi i marchi di Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) e di Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.).
La cipolla di Tropea, delicatamente rosea, richiama la mitezza delle terre di Calabria, lungo la fascia tra Nicotera e Campora San Giovanni, dove germoglia; ricca di glucosio e minerali importanti regala dolcezza e personalità a pietanze che contribuiscono al buonumore e al benessere. Coltivata da millenni, importata grazie ai Fenici nelle terre dei Greci e dei Romani è diventata un biglietto da visita della dieta mediterranea!
C’è un antico legame tra la terra di Calabria e la tradizione ebraica che ha il suo simbolo in un frutto: il cedro. La tradizione tramanda che il cedro (Citrus medica) fu importato in Calabria nel I sec d.c. dagli ebrei.
Grazie alla sua configurazione geografica la Calabria vanta delle condizioni climatiche uniche che hanno permesso la selezione di piante e frutti che sono dei veri e propri concentrati di benessere per il nostro organismo.
La Calabria vanta un territorio molto variegato ed offre alla gastronomia nazionale numerosi prodotti di antica tradizione e straordinaria qualità. Nell’ampio e vario panorama gastronomico regionale un posto centrale è occupato dagli insaccati ottenuti dalla lavorazione della carne di maiale. La produzione dei salumi, fino a qualche decennio fa, veniva effettuata artigianalmente da quasi tutte le famiglie calabresi che, dopo aver allevato per conto proprio il maiale, alimentandolo prevalentemente con ghiande e avanzi di cibo (a vrodata), procedevano alla macellazione. Dopo la macellazione venivano selezionati i vari tagli di carne da destinare alla preparazione di capocolli, pancette, guanciali (magulau), soppressate, salsicce ecc.